A drawing of a face

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Numero 17.

 

HYDRA CONNECTION

 

 Parte terza

 

    di Carlo Monni & Mickey

da un’idea di Andrea Garagiola

 

CONTINUA DA AGENTS OF S.H.I.E.L.D. #007

 

 

L’ULTIMO SCONTRO

 

Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico. Dopo tanto tempo ero di nuovo faccia a faccia con il Barone Strucker, il Supremo Hydra. La nostra rivalità risaliva alla Seconda Guerra Mondiale e cominciavo a credere che sarebbe durata fino alla nostra morte, evento che peraltro era già accaduto ad entrambi almeno un paio di volte.

Credevo che stavolta avrei potuto dare un colpo mortale all’Hydra, vendicare il recente assalto al Quartiere Generale dello S.H.I.E.L.D. e liberare mio figlio Mike e gli altri che Strucker e la sua maledetta organizzazione avevano rapito per sostituirli con dei cloni; invece era risultato che eravamo finiti in una fottuta trappola.[1] Se, però, Strucker pensava che mi fossi scoraggiato, avrebbe avuto una grossa delusione.

-Allora, Fury, pare proprio che tu abbia fallito.- disse Strucker irridendomi -Credevi di potermi sconfiggere ed invece ti sei consegnato nelle mie mani. Non riuscirai a salvare nessuno, nemmeno te stesso.-

Non persi tempo a rispondergli e gli sparai addosso. Non fui troppo sorpreso quando le pallottole lo attraversarono.

-È una proiezione olografica!- esclamò Capitan America.

-Quel bastardo non ha avuto le palle per affrontarci faccia a faccia.- aggiunse Gorilla Man -Ma se mi arriva a tiro gliele faccio ingoiare.-

-Mi piace come ragioni, scimmione.- replicai con un sorrisetto.

-Un linguaggio veramente disdicevole.- ribatté Strucker, o meglio il suo ologramma -Come potete vedere siete circondati ed in evidente inferiorità numerica. Non avete nemmeno speranze di ricevere aiuto dall’esterno. Vi consiglierei di deporre le armi ed arrendervi.-

-Per quanto mi, riguarda… - intervenne un giovanotto afroamericano dalla testa rasata ed una benda nera sull’occhio sinistro proprio come me -… in questi casi noi del 75° Reggimento Ranger abbiamo una sola risposta, la stessa che alle Termopili Leonida dette ai Persiani: volete le nostre armi? Venite a prenderle!-

            Che si facesse chiamare Marcus Johnson o Nick Fury Jr non aveva importanza, io potevo essere orgoglioso di mio figlio.

            -La mia risposta è la stessa che hanno dato i difensori di Alamo!- gridò Capitan America e lanciò lo scudo contro l’ologramma in segno di sfida.

            Aveva fegato la biondina. Steve[2] poteva essere orgoglioso di lei.

            L’ologramma di Strucker tremolò e poi scomparve.  Lo scudo di Cap travolse due sgherri dell’Hydra e poi tornò nella sua mano.

            La fissai con il mio unico occhio buono e poi guardai gli altri. Tutti fecero un cenno di assenso, compresa Val che sembrava aver superato lo shock di aver scoperto di essere un LMD.[3] Presto avrei dovuto darle delle spiegazioni, sempre che fossimo riusciti a sopravvivere perché una cosa era certa: svantaggiati o meno, non ci saremmo arresi mai.

            Nemmeno i nostri operativi forzati sembravano voler mollare la presa, attaccati com'erano alla loro pellaccia. Man-Killer sapeva il fatto suo, forte della sua esperienza nelle fila nemiche.

-Prendete la traditrice!- gridò infatti qualcuno dei più informati tra i terroristi. Per un nanosecondo la mia mente tornò a Laura e al suo destino ancora ignoto.

Al nostro gorilla umano bastava caricare per scatenare il panico e falciare nemici come una palla da bowling. Era surreale vederlo all'opera, persino agli occhi (all'occhio) di chi come me aveva decenni di folli avventure alle spalle.

-Signori, niente di personale! Del resto siete anche abbastanza anonimi nelle vostre divise - continuò a scherzare come suo solito, mentre prendeva un agente per una caviglia e lo lanciava come un giavellotto contro un nugolo di colleghi.-

            E poi c'era Neena Thurman, la nostra carta vincente, il nostro asso nella manica. Fintanto che fosse stata dalla nostra parte, il suo potere mutante sarebbe stata la nostra garanzia di sopravvivere alla soverchiante inferiorità numerica. Mi assicurai che le fosse ben chiaro:

-Domino, continua a farci da copertura, non voglio perdere altri agenti!

            Quella recalcitrante avventuriera non si degnò di rispondermi.

-Obiettivo primario: sopravvivere! Obiettivo secondario: scovare e neutralizzare le tre teste dell'Hydra! - gridai a tutti i miei sottoposti, incurante delle orecchie indiscrete.

-Ricevuto, Comandante - disse Capitan America e presto la vidi scomparire nel marasma generale.

            Non so se fosse un caso ma Lance Hunter e la Contessa si stavano ritrovando a combattere fianco a fianco. Se la cavavano bene e poi, purtroppo, non potevo essere né preoccupato né geloso di un sofisticato androide. Marcus era sul loro stesso fronte e facevo del mio meglio per sopire il mio istinto paterno appena nato. Il suo addestramento militare era evidente nel modo in cui teneva testa a dozzine di assalitori.

            Coulson e May erano schiena contro schiena. Nonostante tutto quello che avevano passato, nonostante i cambi di casacca, avevano ancora un affiatamento invidiabile. Non mi spiegavo come mai non fossero una coppia nella vita privata, ma chi sono io per giudicare? È difficile avere una vita sentimentale nel nostro campo, non li biasimavo.

            Ultima, ma non per importanza, c'era Daisy "Skye" Johnson. Giorno dopo giorno entrava sempre più nelle mie grazie. Una ragazza in gamba che avrei stimato anche se fosse stato una normale agente come me. Il fato aveva voluto che fosse anche una metaumana, con un potere non indifferente. Se Domino era l'asso nella manica, Quake era un intero poker nella nostra mano di carte. Era una di quelle occasioni in cui poteva dare libero sfogo al suo potere, perché c'era tutto il bisogno di sbaragliare il maggior numero di avversari nel minor tempo possibile.

-Strada libera! - annunciò dopo aver ripulito una via d'accesso come se fosse uno spargisale durante una tormenta di neve.

            E poi c'erano tutti gli altri, gli agenti di livello inferiore, quelli di cui solo io, nei momenti di tranquillità, riuscivo a ricordare i nomi e le storie, e che speravo riuscissero a tornare tutti a casa dalle loro famiglie. Non mi sarei perdonato nessuna delle vittime cadute in questa trappola di Strucker.

            I numeri non erano dalla nostra parte, eppure uno sguardo generale mi aveva rassicurato: mi fidavo di chi avevo deciso di portare in questa missione. Potevo concentrarmi a uscire vivo e, soprattutto, a trovare quel figlio di buona donna di Wolfgang.

            Speravo proprio che nessuno arrivasse a lui prima di me.

 

Washington D.C., Complesso Watergate. Daniel Whitehall era entrato nel suo appartamento, aveva trovato un intruso e aveva sparato per legittima difesa. Questo è quello che contava di raccontare alle forze dell'ordine e, se necessario, alla stampa. Che l'intruso rispondesse al nome di Robert Gonzales e che fosse un pluridecorato, veterano agente dello S.H.I.E.L.D. lo avrebbe derubricato come uno sfortunato incidente, a meno che non decidesse di usare l'episodio per scatenare un incidente diplomatico e offrire una destabilizzazione utile alla causa della sua organizzazione.

Per sfruttare l'effetto sorpresa, aveva sparato al buio ma l'Agente Gonzales, pur zoppo, non era uno sprovveduto, ed era riuscito a scansarsi a sufficienza per essere colpito in un punto non vitale come la spalla, piuttosto che il petto.

-Sono il Supervisore Robert Gonzales dello S.H.I.E.L.D., posso spiegare.- cercò di prendere tempo, mentre sfoderava la propria pistola d'ordinanza.

-Agite in nome della Legge ma pensate di essere al di sopra di essa. Quanta ipocrisia.-.

-Invece l'Hydra non finge di essere diversa da una fogna, vero?-

-Da che cosa l'hai capito?- domandò Whitehall, non per guadagnare tempo, ma per sapere quale falla tamponare nella sua copertura.

Gonzales non ci cascò, s'accontentò dell'implicita conferma delle sue accuse, e sparò con il braccio non ferito, riuscendo a colpire il suo avversario alla coscia. Se fortunato, avrebbe potuto aver preso l'arteria femorale.

D'istinto, Whitehall rispose all'offesa, in una salva reciproca di colpi.

Purtroppo per le forze del bene, l'agente dell'Hydra aveva avuto una mira migliore. Con una pallottola in un polmone, l'agente dello SHIELD racimolò tutte le sue forze per scandire parole intellegibili, nonostante il sangue nelle sue vie aeree.

-Edith, messaggio broadcast: Whitehall è dell'Hydra.

Furono le ultime parole emesse da Robert, l'ultimo respiro esalato, prima di accasciare la testa a lato, con gli occhi ancora spalancati.

Daniel Whitehall capì subito: l'avversario aveva dettato un messaggio all'intelligenza artificiale del suo speciale Starkphone modello S.H.I.E.L.D.

In cuor suo sapeva che era probabile che fosse spacciato, ma doveva tentare il tutto per tutto.

Con orrore, vide in sovraimpressione l'anteprima del messaggio in composizione "Whitehall is Hydra": lo schermo era bloccato e si poteva sbloccare solo con scansione retinica, impronta digitale e riconoscimento vocale in contemporanea. L'unica soluzione era tentare di distruggere il dispositivo, impresa altrettanto ardua.

Anche quando lo ebbe distrutto con un martello, non aveva fatto di certo in tempo a bloccare l'invio.

Avrebbe potuto cercare altre soluzioni. Avrebbe dovuto occultare il cadavere.

Sapeva che ora come ora tutto sarebbe stato vano. Non ne aveva neanche le forze con l'emorragia alla gamba, e sentiva avvicinarsi le sirene della polizia allertate dai vicini, spaventati dai colpi d'arma da fuoco.

Al diavolo la missione, ora doveva solo pensare a fuggire e salvare la pellaccia.

 

 Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico. In tutto quel casino ero stato fortunato: dozzine di proiettili mi avevano sfiorato e nessuno mi aveva ancora beccato.

Sparando come un forsennato mi feci largo tra gli sgherri dell’Hydra. Non crediate che volessi fuggire, però: la priorità del vostro Jonathan “Junior” Juniper era ritrovare Laura Brown e liberarla.

Prima del lancio avevo notato una costruzione che assomigliava ad un anfiteatro e mi ero persuaso che Laura fosse proprio là. Strucker era proprio il tipo che avrebbe scelto un posto del genere. Se mi fossi sbagliato o fossi arrivato in ritardo… preferivo non pensarci.

Se pensate che il mio zelo fosse dovuto al fatto che avevo una cotta per Laura, beh, avete ragione, ma a me piace pensare che mi sarei comportato allo stesso modo con qualunque altro prigioniero.

Raggiunsi l’anfiteatro e di nuovo mi aprii la strada a suon di proiettili.

-Laura!- urlai.

-Jon? Sono qui.-

La voce veniva da dietro una massiccia porta, dunque era ancora viva. Lanciai l’urlo di battaglia degli Howling Commandos e feci saltare la serratura della porta per poi spalancarla con un calcio.

Mi ritrovai in una specie di arena dove Laura era alle prese con un pugno di agenti dell’Hydra. Non potevo saperlo ma erano i superstiti della squadra mandatale contro da Strucker in una sorta di perverso gioco di sopravvivenza.[4]

Non stetti a pensarci troppo e corsi al suo fianco sparando verso i suoi avversari senza quasi mirare.

-Jon!- esclamò Laura. Lei era l’unica a non chiamarmi Junior e l’espressione sul suo viso era più che sufficiente a ripagarmi di tutti i rischi..

         Il mio arrivo non solo le dette un po’ di respiro ma ribaltò la situazione precaria in cui si trovava. In breve anche l’ultimo agente dell’Hydra era a terra stecchito.

Laura mi abbracciò d’impulso e mi disse:

-E così sei arrivato in mio soccorso come un cavaliere dalla scintillante armatura.-

-Mi sembrava che te la stessi cavando magnificamente anche senza di me.- replicai, poi le chiesi -Cosa diavolo stava succedendo qui?-

         Lei me lo spiegò ed io esclamai:

-Quello Strucker è un vero pervertito, ma pagherà anche questa.-

-Adesso tocca a te spiegare come siete arrivati qui.-

-Quel tizio, Ward, ci ha dato l’imbeccata per arrivare qui, ma era una trappola e adesso siamo intrappolati. Tu conosci Nick: non ci pensa minimamente ad arrendersi… ed io nemmeno.-

-E adesso torni a dargli una mano?-

-Lui e gli altri se la caveranno anche senza di me. Strucker non ha ucciso quelli che ha clonato, non tutti almeno: li tiene prigionieri ed io intendo trovarli e liberarli. Glielo devo.-

-Capisco. Ovviamente io vengo con te.-

         Il tono della voce di Laura era quello di chi non ammetteva repliche ed io mi guardai bene dal farne.

         Si chinò a prendere la mitraglietta di uno degli agenti dell’Hydra defunti e disse:

-Adesso mi sento meglio. Diamoci una mossa adesso. Credo di avere un’idea di dove cercare.-

         La seguii senza discutere.

 

         Bus N. 1 sopra l’Isola di Hydra. Era in corso una vera e propria battaglia aeronavale nei cieli sopra questa porzione dimenticata di oceano. La flotta dello S.H.I.E.L.D. era caduta in una vera e propria trappola. L’aereo principale era stato abbordato da uno a dell’Hydra, che iniziò a sparare fuoco da cannoncini laterali.

            Gli oblò del lato destro si frantumarono, pur essendo di vetro infrangibile, sotto i colpi di proiettili speciali. Maria Hill, Vice Direttore del F.B.S.A., si stava armando di un bazooka per contrattaccare, quando un boato fece saltare verso l'interno il portellone principale del Bus, che la travolse in modo tangenziale, abbastanza da sballottarla con violenza contro la carlinga.

-Argh! - le sfuggì un urlo di dolore

-Vice Direttore Hill! - le si avvicinò Leopold Fitz.

-Non pensate a me, difendete la base! - lo liquidò la donna, arrancando verso l'infermeria.

            Distrarsi in queste occasioni può essere fatale. Un nugolo di nemici era penetrato nel Bus dal varco appena aperto e stava aprendo il fuoco contro gli agenti presenti. Grant Ward si tuffò contro Leo, scaraventando se stesso e l'ex collega al riparo di un sedile. Diversamente, Fitz sarebbe stato colpito.

-Chissà dove sareste a quest'ora senza di me - fece lo spaccone Ward.

Facendo di necessità virtù, Leo Fitz si estraniò dalla situazione e rispolverò tutto il suo addestramento militare in accademia. Mentre utilizzava Ward come scudo e come spalla, imbracciò un mitragliatore d’ordinanza appesa alle pareti e prese a falciare gli agenti dell'Hydra che tentavano di entrare, coadiuvato dai colleghi agenti che stavano già coprendo l'assalto dalle finestre rotte, colpendo anche le lamiere dell'aereo avversario e, finalmente, il suo serbatoio.

Un'esplosione e una nuvola di fumo resero chiaro che i nemici stavano precipitando. L'immagine inconsueta era che il velivolo esplose del tutto a mezz'aria, apparentemente nel vuoto: si era schiantato sul campo di forza che circondava la base dell'Hydra.

 

            Il pilota del Bus stava facendo del suo meglio per allontanarsi dallo sciame di velivoli avversari, che si stava ricompattando per decidere una nuova strategia alla luce della perdita del loro principale mezzo, mentre era in corso la battaglia contro gli altri Bus.

-Davvero non ci hai condotti tu dentro una trappola?- domandò Fitz, tornato in sé dopo essere entrato in una sorta di modalità berserker. Avrebbe avuto per settimane incubi sulle vite che aveva falciato come mosche.

-Mi piacerebbe essere così machiavellico - fece spallucce Grant Ward - purtroppo sono stato usato anch'io dall'Hydra. Avrei dovuto capire che ci fosse qualcosa dietro la facilità con cui ho ottenuto quell'informazione... Piuttosto, cerca di renderti utile: non puoi cercare un modo di disabilitare il campo di forza che circonda l'isola? E, magari, anche disabilitare i motori dei mezzi dell'Hydra?

            Colpito nell'orgoglio, Leo Fitz lo fissò negli occhi per due lunghi secondi.

-Penso di poterlo fare.-

-Allora all'opera, non perdiamo altro tempo o saremo tutti spacciati.-

 

            New York City, appartamento di Amelia Lady Croft. La rappresentante britannica nel Comitato di Controllo sulle Risorse Speciali di Mantenimento della Pace dell'ONU, o meglio il clone che l’aveva sostituita, non si aspettava di vedere Daniel Whitehall, nel suo peggiore stato, sulla soglia della sua porta tramite la telecamera di sicurezza.

Con circospezione, andò ad aprire e lo strattonò all'interno dell'abitazione - ben umile, rispetto alla tenuta di famiglia a cui era abituata in madrepatria.

-Che diavolo è successo?- gli chiese brusca.

-Sono stato... scoperto. Gonzales dello S.H.I.E.L.D... dovrebbe essere morto ma.... ungh... ha avvertito l'Agenzia - disse a fatica. La sua camicia era impregnata di sangue.

-Siediti sulla cassapanca - indicò nell'ingresso, in modo da non farlo muovere troppo - vado a prendere un kit-.

Tornò nel giro di un minuto con una cassetta da pronto soccorso ben attrezzata.

-Quindi sei sicuro di quello che dici? - gli domandò, mentre lo rattoppava alla bell'e meglio.

-Abbastanza da... metterti in guardia.... - continuò a parlare con grande sforzo, anche per il dolore dei disinfettanti sulle proprie ferite - è questione di tempo prima che anche la tua copertura salti.-

-Non lasceranno impunito questo tuo passo falso.-

-Difatti intendo darmi alla berlina, ma non per questo vengo meno alla... causa. Devi attivare il Protocollo Apocalisse. Subito.-

            L'ambasciatrice lo guardò con estrema serietà. Sapeva quando riceveva un ordine a cui non poteva sottrarsi. Era stata addestrata per questo.

-Farò la mia parte.-

Terminata la medicazione, Amelia consegnò a Daniel una valigia e vestiti puliti.

-Dovresti avere la taglia di mio marito, a lui di certo non serviranno. Più qualche altra cosa di utile.-

            Whitehall non la ringraziò: non era nelle sue corde farlo, tanto più che dal suo punto di vista stava avendo a che fare con un essere inferiore. Si limitò a un cenno del capo, prima di sparire dietro la porta.

            Per un attimo Lady Croft pensò a cosa avrebbe dovuto spiegare alla donna delle pulizie per il disastro che c'era nell'ingresso, poi fece mente locale e si rese conto che niente aveva più senso ormai, con il Protocollo da eseguire.

 

Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico, studio del Supremo Hydra. Per quanto potesse sembrare strano, eravamo riusciti a rompere l’accerchiamento e la battaglia si era frantumata in tanti piccoli scontri. Avevo perso il contatto con gli altri e potevo solo sperare che se la stessero cavando bene.

Avevo raggiunto la costruzione principale. Avrei scommesso qualunque cosa che Strucker si nascondeva proprio lì. Mi gettai all’interno e mi trovai davanti due uomini di guardia. Sparammo praticamente in contemporanea. Loro caddero stecchiti ed io sentii un bruciore alla spalla sinistra. Mi avevano beccato. Per fortuna era solo una ferita superficiale. Mi sfilai la casacca e ne strappai un pezzo per farne una benda di fortuna.

Prosegui il cammino ed urlai:

-Strucker, dove sei, figlio di…?-

-Da questa parte, vecchio nemico.-

            Seguii la sua voce e mi trovai in un salone il cui arredamento sembrava uscito dal suo vecchio castello in Prussia - e forse veniva proprio da lì - ma lui dov’era? La risposta me la dette una frustata che mi fece cadere di mano la pistola.

Strucker si fece avanti con il frustino nella mano sinistra ed una pistola nella destra.

-Finalmente l’uno di fronte all’altro dopo tanto tempo di scontri a distanza.- disse.

            Lo fissai con odio.

-Ti vedo un po’ malmesso.- aggiunse -Non sia mai che mi approfitti di un nemico in difficoltà.-

            Posò pistola e frustino su un tavolo, si sfilò la casacca rimanendo anche lui a petto nudo, poi si avvicinò ad una panoplia attaccata ad una parete a cui erano appese due sciabole. Ne impugnò a una e gettò l’altra ai miei piedi.

-Risolviamo le nostre questioni come si usava un tempo tra gentiluomini.- disse -Ti avverto, però: già ai tempi dell’università ero un campione di scherma.-

            Io, invece, ero una mezza schiappa, ma che scelta avevo? Questa cosa andava avanti da troppo tempo, era il momento di finirla in qualunque modo.

Raccolsi la sciabola.

 

Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico, sotterranei. Durante la sua prigionia Laura aveva saputo che i contenitori criogenici che imprigionavano i soggetti clonati erano in un locale in fondo al corridoio dove stava anche la cella dove era stata rinchiusa.

Ripercorremmo al contrario la strada che l’aveva portata fino all’arena.

-Nessuno in vista.- mormorai -Strucker deve aver richiamato tutti i suoi scagnozzi per fronteggiare la nostra invasione.-

-Non rilassarti, Jon.- mi redarguì Laura -Guarda!-

Avevamo raggiunto la nostra meta ma l’accesso alla sala era difeso da una squadra molto ben armata dell’Hydra. Non fecero intimazioni ma ci spararono contro.

Ci gettammo a terra evitando i primi colpi. Laura disse:

-Tre a te e tre a me, dovremmo farcela. Io prendo quelli di sinistra.-

Senza aspettare la mia risposta sparò e centrò in pieno i primi due bersagli, poi si rialzò di scatto e corse verso il terzo cogliendolo in piena fronte. Ecco un lato della personalità di Laura che non avevo approfondito: in questi casi sapeva essere spietata ed efficiente.

Sembrava che prendere una vita umana la lasciasse del tutto indifferente. Un atteggiamento che il ragazzo da cui ero stato clonato non aveva fatto in tempo a sviluppare nella sua breve vita ed io mi trovai a sperare di non svilupparlo mai.

Seguii Laura sparando e presi in pieno due sgherri ma al terzo tentativo il percussore batté a vuoto. Non stetti a chiedermi se il fucile fosse scarico o inceppato: corsi urlando verso l’unico avversario rimasto in piedi tenendo il fucile come una clava.

Forse fu il mio urlo a disorientarlo, non lo so, fatto sta che non sparò, dandomi il modo di colpirlo in pieno mento e vi assicuro che ricevere sulla mascella la canna metallica e surriscaldata di un‘arma come la mia non è affatto piacevole.

-Bella tattica, Jon.- disse Laura -Adesso diamoci da fare.-

        Gettai l’ormai inutile fucile e la seguii.

-Spero che tu abbia con te un decifratore.- mi disse.

        Annuii ed estrassi dalla cintura un aggeggino delle dimensioni di una carta di credito, una delle tante invenzioni di Gaffer Levine o forse di quel ragazzo prodigio, Leo Fitz, non lo sapevo

        Laura lo prese e lo appoggiò alla serratura elettronica della porta. Passarono solo pochi secondi, poi la porta si aprì e finalmente entrammo nella stanza.

        I contenitori criogenici erano allineati uno accanto all’altro. Attraverso la plastica trasparente era possibile vedere parzialmente all’interno. Su ogni contenitore c’era una targhetta con il nome. Le scorremmo rapidamente trovando nomi conosciuti ed almeno una sorpresa

-Lady Croft?- esclamò Laura, sorpresa -Hanno clonato anche lei? Ma allora…?-

-Non so di chi parli e non m’importa.- borbottai -Liberiamoli.-

        Quel posto mi metteva a disagio: mi ricordava troppo da vicino il laboratorio dov’ero “nato” e mi metteva di fronte al fatto che non ero davvero l’uomo che pretendevo di essere.

        Laura stava esaminando quello che con tutta evidenza era un quadro comandi.

-Credo di aver capito come fare per risvegliarli.-

-Mi dispiace, piccola, ma non posso permettertelo.-

        A parlare era stato Bravo che, in contemporanea alle sue parole rivelatrici, esplose un colpo della sua Webley contro il quadro elettronico. Non avevamo il tempo di puntargli addosso le nostre armi, perché eravamo sotto tiro adesso.

-Richard, è contraddittorio da parte tua aiutarmi prima e ostacolarmi adesso.-

        Brava Laura, stai prendendo tempo, pensai.

-Un conto è stato riequilibrare un po’ le forze in uno scontro ed un altro tradire Strucker. Se non vi arrendete, stavolta dovrò a malincuore mirare ai vostri cuori.-

        Non potevo rischiare che colpisse Laura. Io ero solo un clone, avevo già avuto la mia seconda chance nel cerchio della vita. Approfittai della sua logorrea per gettarmi su di lui.

        Bravo strinse il dito sul grilletto.

        Uno sparo.

        Non sentivo dolore.

        Rialzai lo sguardo, quel Richard si stava tenendo una mano ferita.

        Alle sue spalle apparvero come angeli custodi la Contessa, con in pugno una pistola fumante, Marcus Johnson e, se non ricordavo male il suo nome, l'agente Hunter.

        Come sarebbe andata se non fossero intervenuti?

 

Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico. Se glielo aveste chiesto, Elizabeth Mace avrebbe avuto difficoltà a ricostruire il percorso che l'aveva portata fin lì. Brandendo lo scudo come un legionario romano in una formazione a testuggine, si era fatta largo tra gli agenti in divisa e, con un misto di intuito femminile ed esperienza militare, si era fatta strada verso quella che l'era parsa una posizione strategica della base, a giudicare da com'era difesa e dalla sua posizione.

 Sperava di trovare quel pavido del Barone Strucker - in carne ed ossa, stavolta - o il suo secondo in comando.

Quando spalancò una porta chiusa con una spallata del suo scudo, si ritrovò di fronte qualcuno che riconobbe dal briefing fatto prima della partenza: Madame Hydra, in quella che pareva una stanza dei bottoni di second'ordine.  Nel vederla provò un’inquietante sensazione: come se avesse già vissuto una scena simile. Scacciò quel pensiero e si concentrò sulla sua avversaria.

 Se i file su di lei erano attendibili, i suoi mezzi offensivi erano avvelenati, forse persino i suoi canini, quindi doveva fare in modo di non essere colpita - graffiata, morsa - e di disarmarla. Colta alla sprovvista, la donna afferrò una frusta con uno dei guanti con artigli affilati come rasoi.

Peccato che Capitan America avesse perso l'elemento sorpresa. Madame Hydra scagliò la sua arma verso la gamba e le arpionò la caviglia abbastanza da farla cadere tirandola. Un esordio poco decoroso per l'erede di Steve Rogers e di suo fratello Jeffrey.

Più veloce del pensiero, il suo braccio mise in atto un uso creativo dello scudo: con un colpo netto, di taglio verso il pavimento, la frusta venne spezzata in due e resa inefficace. Non perse tempo a sciogliere il moncone aggrovigliato alla caviglia, il costume non era certo fatto di spandex, il suo tessuto avrebbe dovuto proteggerla dagli effetti di un eventuale veleno.

Elisabeth ripiegò quindi sul classico utilizzo della sua unica arma: lo lanciò come un frisbee. Madame Hydra era abbastanza agile da scansarlo con una ruota laterale e lo scudo si urtò contro la parete ma invece di rimbalzare come ci sarebbe aspettati vi rimase attaccata rimase. Cap capì che Madame Hydra aveva attivato un qualche aggeggio elettromagnetico per bloccarlo.

Si prefigurava così un classico corpo a corpo a mani nude. Tanto peggio, pensò Liz., lei non aveva bisogno dello scudo per vincere.

Madame Hydra le si avventò subito addosso cercando di sfregiarle la parte scoperta di viso con la mano destra. L'eroina a stelle e a strisce prontamente la fermò bloccandole il polso destro e, presagendo la mossa successiva, riuscì subito a fermare l'attacco con la mano opposta. Ritrovatasi a tenerla per i polsi con le braccia incrociate, ne approfittò per farla volteggiare - come in un passo di salsa - e darle una ginocchiata sulla schiena. Madame Hydra si destabilizzò quel tanto che bastava per fare una ruota frontale e colpirla sotto il mento con i propri tacchi. Elizabeth si morse labbra e lingua, che iniziarono a sanguinare insieme al mento ferito. Doveva solo sperare che non avesse il veleno anche sulle scarpe. Non si perse certo d'animo e sfoggiò il proprio allenamento roteando in aria per sferrare un calcio volante verso il petto. Madame Hydra indietreggiò tossendo, ma contraccambiò con la stessa mossa eseguita a terra e durante l'atterraggio della paladina della libertà ebbe il tempo sufficiente per vendicarsi sullo stesso punto.

-Che fai, copi?- la canzonò Capitan America, passando a usare i due pugni a grande velocità.

-Sei tu che sei prevedibile.-

La terrorista scansò i primi colpi con scarti laterali, poi passò a contrattaccare con la stessa modalità. Punta nel vivo, Elisabeth Mace decise di smentirla: all'improvviso si accovacciò, tese una gamba e girò per falciare le gambe dell'avversaria. Vedendola atterrare sul fondoschiena, fu soddisfatta di averle reso pan per focaccia per la sua entrata poco trionfale. Ferale, Capitan America le gattonò addosso, nella colluttazione le due donne rotolarono, finché la Vendicatrice riuscì, durante il giro giusto, ad afferrarle la testa per la fronte e a sbatterla con violenza contro il pavimento rischiando una micidiale commozione cerebrale dell'avversaria. Era pur sempre un'eroina, e si assicurò che fosse ancora viva pur priva di coscienza.

Pulendosi la bocca dal sangue col dorso della mano, si alzò vittoriosa.

 

Da un’altra parte dell’isola. L’Hydra Imperiale osservò lo strano gruppetto venire verso di lui. Incredibile che fossero ancora tutti sani, pensò. Evidentemente il maledetto potere mutante di Domino li stava proteggendo, un fattore che il Supremo Hydra non aveva tenuto in adeguata considerazione purtroppo.

L’Hydra avrebbe vinto alla fine, ne era convinto anche lui, ma sarebbe stata una vittoria decisamente molto sofferta.

Osservò Man-Killer, che una volta era stata perfino Capo Sezione dell’Hydra,[5] sbarazzarsi di agenti preparati come fossero birilli e farsi largo nella sua direzione. Puntò la sua pistola verso la massiccia rossa. I proiettili speciali nel suo caricatore avrebbero sicuramente penetrato anche la pelle di quella dannata superumana.

Prima che potesse sparare, Domino balzò in avanti ed impugnando una pistola per mano sparò a sua volta contro di lui cogliendolo in pieno petto.

 L’Hydra Imperiale cadde a terra ma subito dopo i suoi avversari lo videro tentare di rialzarsi. Il petto gli doleva terribilmente e quasi non riusciva a respirare ma era vivo: lo speciale tessuto antiproiettile della sua uniforme aveva fatto il suo dovere.

Mentre cercava di recuperare la sua arma vide Gorilla Man, per l’occasione rivestito solo di un paio di pantaloncini bermuda, balzare dritto verso di lui e reagì d’istinto liberando le sue pantere.

Gorilla Man si ritrovò addosso i due possenti felini che tentarono di azzannarlo alla gola. Dopo un momento di sorpresa riuscì ad afferrarli per la collottola.

-Vogliamo giocare a King Kong? - esclamò -Cercherò di non farvi troppo male, ragazzi. Sono un animalista convinto, sapete?-

            Sbattè le teste delle pantere l’una con l’altra e poi le lascio andare prive di sensi, quindi si guardò intorno ed esclamò:

-Dov’è finito quel figlio di una signora di piccola virtù?-

            L’Hydra Imperiale era scomparso.

 

            Da un’altra parte ancora. Philip Coulson sembrava il classico stereotipo della spia elegante popolarizzata da James Bond, John Steed e Napoleon Solo[6] e qualche avversario lo aveva sottovalutato credendo che fosse poco più di un burocrate per poi pentirsene amaramente. Pochi sapevano che in quella che a volte gli sembrava un’altra vita era stato nelle Forze Speciali dell’Esercito e quell’addestramento gli stava tornando molto utile adesso.

            Il suo giubbotto in uno speciale tessuto antiproiettile lo aveva protetto piuttosto bene ma doveva ammettere che aveva avuto anche una bella dose di fortuna… fortuna che prima o poi sarebbe necessariamente finita.

            Proprio in quel momento, alle sue spalle, un agente dell’Hydra lo stava prendendo di mira alla nuca, Non riuscì a sparare perché fu a sua volta colpito.

Coulson si voltò di scatto e vide la sua collega cinoamericana Melinda May con in mano una pistola ancora fumante.

-Dovresti imparare a guardarti le spalle, Phil.- gli disse nel suo tono apparentemente privo di emozioni.

-E perché, visto che ci sei tu a proteggerle?- ribatté lui sorridendo.

            Melinda sollevò appena un sopracciglio, scosse la testa e riprese a sparare.

 

Bus N. 1 sopra l’Isola di Hydra. -Eureka!- esclamò Leo Fitz e, per quanto fosse stato costretto a studiare in accademia, la cultura di Grant Ward non arrivava a cogliere la citazione.

-Cosa? Vuoi chiamare così questa roba?-

-Uhm, no, ma non ho il tempo di trovare un nome a questo Spara-Raggio-EMP.-

-"Iurìca" o quello che era andrà bene. Vuoi una mano a spostarlo e usarlo?-

-Bel tentativo - gli rifilò un'occhiata torva e fugace alle manette.

-Che cos'è? - s'intromise Maria Hill, con una garza sulla guancia destra e un tutore al braccio dello stesso lato.

-Ho assemblato insieme un fucile energetico e una bomba EMP, in modo che invece di esplodere un impulso elettromagnetico sferico, spari un impulso verso un obiettivo, come un laser, spegnendolo.

-L'ha testato?-

-No, c'è il rischio che esploda o faccia spegnere l'aereo e ci faccia precipitare, non abbiamo tempo per una sperimentazione.-

-Sta scherzando, vero?-

Leo Fitz esibì un sorriso a trentadue denti, poi si rivolse a due colleghi:

-Cunha, Ağayev, ho bisogno di voi per spostare il... cannone e usarlo. Prima lo puntiamo sugli aerei nemici, poi punteremo il campo di forza. Attenzione al fuoco amico, non dobbiamo colpire la nostra flotta.-

-Sta mettendo a rischio tutti a bordo.-

-Si fidi di me, agente Hill. Sono comunque il più alto in grado dello S.H.I.E.L.D. su questo Bus dello S.H.I.E.L.D. Con tutto il rispetto - lanciò una frecciata all'agente del F.B.S.A. - Vado in cabina a dare ordini al pilota.-

Un minuto dopo, dal varco lasciato aperto dal tentativo di arrembaggio, gli agenti portoghese e azero spararono il primo raggio.

E il primo aereo calò a picco nel giro di pochi secondi.

-Woh! - esclamò l'agente asiatico, esaltato come un bambino alle prese con un videogioco sparatutto.

La Hill esalò un sospiro di sollievo.

"Eureka" avrebbe funzionato anche contro il campo di forza?

 

Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico, sotterranei. Bravo si massaggiò la mano intorpidita e disse:

-A quanto pare sono arrivati i rinforzi come nei vecchi film western. Sei davvero una ragazza fortunata.-

-E tu sarai un uomo morto se solo fai una mossa sbagliata.- lo minacciò Marcus Johnson tenendolo sotto mira della sua modernissima Sig Sauer P226 armata con proiettili 9×19mm Parabellum, decisamente roba tosta.

-Te lo hanno mai detto che hai un forte complesso di ostilità, Sergente Fury?- ribattè Bravo in tono irridente.

-Zitto!-

         Lance Hunter puntò la sua arma sotto il naso di Bravo e disse:

-Quasi quasi vorrei che tu tentassi qualcosa così avrei la scusa per farti saltare la testa. Odio chi rapisce le donne.-

-Un vero gentiluomo britannico eh? È sempre un piacere incontrarne uno.- replicò Bravo.

         Per tutta risposta Hunter gli sferrò una ginocchiata all’inguine, poi lo colpì al volto con la canna della sua pistola. Mentre l’altro si accasciava a terra gli disse:

-Non sono poi tanto un gentiluomo come vedi.-

-Cominci a starmi simpatico, inglese.- commentò Marcus.

-Anche tu a me, Yankee. A proposito, non ho ancora capirlo come devo chiamarti: Marcus, Nick, "Ehi tu"?-

-Come ti pare.-

         Intanto Val si era avvicinata al pannello di controllo e chiesto a Laura Brown:

-Quali sono i comandi che aprono i contenitori criogenici?-

-Direi che siano questi.- rispose lei indicando una fila di pulsanti. -Il colpo di Richard sembra non aver beccato circuiti vitali, credo funzionino ancora.

-Allora azionali adesso.-

Mi avvicinai anch’io e mi rivolsi alla Contessa:

-Val…-

-Non dire nulla, Junior.- mi zittì -Ora ho capito la verità. Non sono un clone, Nick non lo avrebbe permesso, quindi è ovvio: sono un LMD, non è così forse?-

         Mi limitai solo ad annuire. Lei proseguì:

-Ecco perché continuavi ad evitarmi nelle ultime settimane. La situazione ti imbarazzava troppo.-

-Io…- balbettai.

-Va bene cosi. Nick ha agito per il meglio ed io lo accetto, credimi.-

Era vero o cercava solo di ingannare noi e soprattutto se stessa? Non avevo una risposta.

-Non perdiamo altro tempo.- insistette rivolta a Laura.

Pur scatenando qualche scintilla, la donna delle mie fantasie trafficò con la console dei comandi e in un colpo si avvertì un concerto di "sfiati": le capsule pressurizzate si stavano svuotando e aprendo tutte insieme.

-Saranno confusi: non abbiamo molto tempo, ma è giusto tranquillizzare ciascuno di loro.- disse Laura.

-Tranquillizzarli perché sono come mamma li ha fatti?- cercò di sdrammatizzare Lance. In effetti io stesso non ero abituato a tanta nudità: credo che in quest'epoca invece ci siano più avvezzi, che abbiano meno problemi di... pudore. Difatti il britannico si fiondò ad aiutare una donna scandinava, probabilmente una diplomatica del Nord Europa.

-È tutto ok - le disse suadente, prendendola quasi in braccio. Io non potevo arrivare a tanto. Preferivo dedicarmi ai sequestrati di sesso maschile, ma prima trafficai negli armadi del laboratorio per recuperare quanti più indumenti possibili e distribuirli.

Mentre bazzicavo in giro ascoltai alcune surreali conversazioni. Marcus Johnson si stava prendendo cura di un confuso Mike Fury, non a caso.

-Grazie - ci disse il ragazzo.

-Ciao, Mike.- lo salutò Marcus, con una confidenza inaspettata che lasciò visibilmente perplesso l'interpellato. -So che sei ancora stordito e scioccato dal rapimento e dal risveglio, ma se c'è una cosa che ho imparato sul campo, è che è meglio sentire un dolore lancinante tutto insieme ma far tornare a posto una spalla slogata, piuttosto che soffrire lentamente.

         Quel giovanotto non mancava in audacia.

-Di... di che cosa stiamo parlando?-

-Sono Marcus Johnson, ma di recente ho scoperto di potermi chiamare Nick Fury Jr. Sono un tuo fratellastro da parte di padre.-

-Ok, ora mi sembra di essere a un festino di Timothy Leary[7]... - commentò Valentina de la Fontaine, stranita - presumo - alla vista della sua doppelgänger e all'ascolto casuale di quelle notizie.

-Ti capisco, sorella. E a giudicare da quello che vedo in giro, ci saremmo divertite abbastanza - rispose l'LMD, cogliendo la palla al balzo per stemperare una tensione altrimenti insostenibile.

-Accidenti, suono sempre davvero così allusiva?-

         I convenevoli furono interrotti da Laura Brown, di nuovo alla postazione dei terminali:

-Signori, stiamo attenti: da quel che vedo qui, è abbastanza chiaro che stanno per raggiungerci altre squadre nemiche armate fino ai denti. Da un tunnel, credo.-

-Non c'è ragione di combattere, voi scappate - ci esortò la Valentina robotica.

-Ma come..?-

-Te la sentiresti di combattere ora?

         La Contessa originale scambiò uno sguardo d'intesa con gli altri ostaggi. I loro muscoli erano quasi atrofizzati, dopo mesi di immobilità forzata. A malapena potevano camminare verso la salvezza.

-Come pensavo, siete troppo deboli. Laura, Marcus, Junior, tocca a voi portarli in salvo.-

-Questo non vuol dire che ti lasceremo qui! - ribattei, da indignato cavaliere.

-Serviranno due braccia e due occhi in più - provò a essere pragmatico il figlio di colore di Nick Fury.

-Sono più utile qui per tenerli a bada e distrarli. Muovetevi, adesso!-

         Io e Marcus ci guardammo e capimmo. Pur non del tutto convinti, ci rendemmo conto della situazione e annuimmo. Strategicamente, aveva senso lasciare un LMD per salvare un congruo numero di agenti e ostaggi umani. Così come io, da clone, mi sarei sacrificato per salvare persone nate da un utero materno.

-Ti lascerei qui ma sarebbe troppo facile per te.- disse Laura all'indirizzo dell'agente Bravo, strattonandolo via -Qual è la via di fuga migliore?-

-Strucker è un inguaribile nostalgico. Seguitemi, abbiamo una monorotaia da prendere.-

         Non sapevamo se fidarci, eppure d'istinto lo seguimmo.

          

         Isola dell’Hydra, sala criogenica. Il Life Model Decoy della Contessa Valentina de la Fontaine sorrise, di un sorriso dal sapore agrodolce, quando i suoi occhi artificiali si assicurarono che gli agenti dello S.H.I.E.L.D. e i prigionieri avessero lasciato la zona sani e salvi. Giusto in tempo, perché finalmente gli agenti dell'Hydra irruppero nella sala dal tunnel.

            Non era impreparata: in quel nugolo di minuti, aveva già smanettato con il quadro dei comandi, compiuto una serie di misteriose operazioni e aveva già impostato un comando, pronto per essere finalizzato, e nessuno avrebbe potuto annullare il codice, non nel modo in cui lo aveva "hackerato", non nei tempi necessari. Forse, in un impercettibile istinto naturale, si era ritrovata a essere più brava della vera Valentina con i computer, per diritto di... nascita, risvegliato da quando aveva scoperto la sua vera natura.

            I nemici non si persero in chiacchiere, avevano già visto cadere troppi compagni, e la crivellarono di colpi. Questo non le impedì di spingere il tasto di Invio.

            Le ultime parole registrate dalla memoria centrale di Valentina de la Fontaine, accasciata sul pavimento, furono quelle di un altoparlante che recitava:

<< Attenzione: trenta minuti all'autodistruzione.>>

 

            Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York, Anna Olegovna Derevkova, Anya per gli amici, era un’affascinante russa che dimostrava molto meno dei suoi 48 anni. Aveva un che di Uma Thurman o forse più una Kim Basinger dai capelli rossi. Timothy Aloysius Cadwallader Dugan Jr, Tim per gli amici, sorrise quasi senza volerlo vedendola passare nel corridoio. Scosse la testa, chissà cosa avrebbe detto suo padre, il famoso Dum Dum, se lo avesse visto adesso? Meglio non pensarci.

            Tim, che per quanto grande e grosso come suo padre aveva preferito la scienza all’azione, seguì la donna sapendo bene dov’era diretta.

            Non le sto guardando il sedere, davvero, papà, si ritrovò a pensare e nella sua testa poteva sentire la risposta che, se fosse stato presente, avrebbe dato sicuramente il vecchio tricheco, come lo chiamava affettuosamente zio Nick: “Io sì”. Serviva a scacciare il pensiero che il suo vecchio fosse ancora sotto osservazione dopo l'attacco dell'Hydra.

Stava ancora ridacchiando quando entrò in una saletta dell’infermeria dove Anya Derevkova era ferma in piedi accanto ad un lettino dove era sdraiato qualcuno. Stava parlando con un uomo anziano quasi calvo ma con il resto della capigliatura decisamente scarmigliata.

-Scusate.- disse rivolgendosi ad entrambi -Come sta la… paziente?-

            La paziente in questione era una ragazza dai capelli ramati che indossava un’attillata calzamaglia bianca con un ragno nero disegnato all’altezza del seno sinistro. Tim Dugan sapeva benissimo chi era: la Vedova Bianca, la migliore eliminatrice, ovvero assassina, del F.S.B,,[8] il servizio di controspionaggio della Federazione Russa. Sapeva anche perché si trovava lì: il terrorista nostalgico dell’Unione Sovietica che si faceva chiamare Teschio Rosso le aveva fatto il lavaggio del cervello per farle assassinare Henry Peter Gyrich, Consigliere del Presidente degli Stati Uniti per gli Affari Superumani facendo ricadere la colpa sui servizi segreti russi. Per fortuna Capitan America aveva sventato il complotto[9] e la Vedova Bianca era stata consegnata allo S.H.I.E.L.D. per essere decondizionata e riportata in patria.

-Stavo informando Mrs. Derevkova che intendo usare una versione della Macchina Id di Wizard per annullare gli effetti del lavaggio del cervello subito dalla Vedova Bianca.- disse Sidney E. Levine, Direttore della sezione scientifica, chiamato Gaffer praticamente da tutti, sostanzialmente la versione umana di Archimede Pitagorico.

-Ottima idea.- replicò Tim.

-Io vi ringrazio, signori.- disse Anya -E vi assicuro che il mio governo non dimenticherà il vostro aiuto.-

            Tim sospettava che l’interesse di Anya Derevkova fosse personale molto più che professionale e pensava di aver capito anche di che esatta natura fosse, ma rispettava il diritto alla riservatezza della donna. Non erano affari suoi.

 

            Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico studio del Supremo Hydra. Se ci fossero stati spettatori dello scontro alla sciabola tra me e Strucker, avrebbero potuto pensare di essere capitati sul set del remake di un vecchio film di Errol Flynn o Stewart Granger.

Il Barone era veramente uno schermidore eccellente, io, invece, avevo preso appena qualche lezione. La mia sciabola d’ordinanza di ufficiale dell’Esercito degli Stati Uniti se ne stava a far compagnia alla mia alta uniforme in uno degli armadi di casa mia e non la toccavo da anni. Tutto quello che riuscivo a fare era qualche goffa parata e saltare per evitare i suoi affondi.

-Mi deludi, Fury.- mi si rivolse Strucker con un sorriso di scherno sulle labbra -Speravo in una sfida più eccitante.-

-Spiacente di non essere all’altezza delle tue aspettative, Wolfgang.- ribattei evitando di misura un fendente al fianco sinistro -Cercherò di far meglio la prossima volta.-

-Non ci sarà una prossima volta.- replicò lui.

            Mulinò la sua sciabola così velocemente che non riuscii quasi a vederlo ed in un attimo mi ritrovai disarmato.

Strucker fece un sorriso di trionfo e pungolandomi con la punta della sua lama mi costrinse contro una parete.

-Sei mio.- disse preparandosi ad affondare la lama nella mia gola.

Improvvisamente una voce elettronica rimbombò nella stanza:

<<Diciassette minuti all’autodistruzione.>>

Fu un attimo: Strucker voltò istintivamente la testa ed abbassò la lama. Non persi tempo e ne approfittai per lasciar partire un calcio alle sue parti basse.

Lui si piegò e lasciò cadere la sciabola. Non esitai e gli balzai addosso per poi colpirlo ripetutamente con pugni e calci senza permettergli di riprendere fiato. Questa non era una competizione sportiva ma una lotta per la sopravvivenza. Non esistevano colpi proibiti.

 Alla fine Strucker giacque sul pavimento svenuto e sconfitto.

 

Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico, superficie. -Capitano, qual è la situazione qui? - domandò Daisy Johnson, irrompendo nella sala in cui si era consumato lo scontro tra due donne cariche di eredità da onorare.

-Madame Hydra è fuori gioco, aiutami a legarla, dopodiché riuniamoci agli…-

-Attenta!-

Quake alzò il braccio destro verso Capitan America e quest'ultima vide l'aria davanti a sé tremolare vistosamente, come vapore che sale dall'asfalto bollente. La scarica però non era diretta verso di lei, ma alle sue spalle.

Si voltò e vide Madame Hydra sbalzata via contro la parete e, insieme a lei, schizzò via una pistola che aveva in mano, e che non aveva fino a poco prima.

-Stava per spararle alle spalle! - spiega l'agente dello SHIELD.

-Grazie, ti devo la vita. A quanto pare fingeva di essere svenuta, o si stava riprendendo... se fossi arrivata un paio di minuti prima, mi avresti tolto il piacere di uno scontro corpo a…-

Elizabeth Mace venne di nuovo interrotta, stavolta da una scossa simile a quella di un terremoto. 

La parete, già crepata dallo scudo e dall'intervento di Quake, crollò impietosa sul corpo esanime di Madame Hydra.

-Cosa...?! Io non...-

Capitan America cercò per un attimo di togliere alcune macerie per recuperare l'avversaria, ma una nuova scossa la fece fermare e mettere lo scudo sopra la testa.

-Non sono stata io!-  urlò Daisy.

-Ti credo. Vorrei salvarle la vita ma dobbiamo salvare la nostra, andiamo.-

Uscendo dalla stanza, nei corridoi divenne udibile la voce elettronica diffusa nella base:

<<Quindici minuti all'autodistruzione.>>

-Ora si spiega tutto - tirò un sospiro di sollievo Daisy, terrorizzata dall'uso incongruo del suo potere.

 

Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico, sotterranei. Ci ritrovammo proiettati a tutta velocità attraverso una specie di canale, l’onda d’urto del terremoto o quel che cavolo era ci stava sospingendo a folle velocità.

-Che diavolo sta succedendo?- chiese Mike Fury.

In altri momenti avrei ammirato la sua apparente tranquillità dopo l’esperienza che aveva passato, adesso ero più interessato a sopravvivere.

-Così a occhio, direi che i corridoi alle nostre spalle sono stati appena invasi dall’acqua e sarebbero guai grossi per noi se, per nostra fortuna, questo mezzo non fosse anfibio.- intervenne Laura Brown.

-Il vero problema è cosa c’è in fondo a questo tunnel. Se c’è una paratia d’acciaio, a questa velocità finiremo spiaccicati come mosche.- commentò Valentina, la vera Valentina Allegra De La Fontaine.

         Anche lei stava dimostrando una freddezza incredibile.

-È un condotto che dà direttamente sul mare.- spiegò Bravo -Questo mezzo è una specie di hovercraft ed è pure un sottomarino.-

-Classica efficienza dell’Hydra eh?- replicò Mike Fury.

         Era impressionante, almeno per me, quanto fosse somigliante a Nick.

-Vedo la classica luce in fondo al tunnel!- gridò Laura -Tenetevi pronti, potrebbe essere un ammaraggio duro.-

         Guardai gli ex prigionieri che erano stati clonati. Erano quasi tutti burocrati o politici ed erano già abbastanza traumatizzati. Formulai una silenziosa preghiera.

Alla fine fummo sparati all’aperto. Per momenti che sembrarono interminabili sembrò che fossimo sospesi a mezz’aria poi il nostro mezzo ricadde nell’acqua e ci ritrovammo per un istante come se lo stomaco ci fosse risalito in gola.

-Siamo vivi, pare.- commentò filosoficamente Val.

-E c’è di più.- aggiunsi -Il campo di forza che circondava l’isola è scomparso. Per fortuna o ci avremmo sbattuto contro.-

         Laura aprì il tettuccio e finalmente tutti potemmo respirare all’aria aperta. Dalle nostre spalle risuonò una voce elettronica:

<<Dieci minuti all’autodistruzione.>>

-A quanto pare, questo posto sta per saltare.- commentò Laura-Ci conviene allontanarci il più possibile prima che accada.-

-Qualcuno deve aver azionato il meccanismo di autodistruzione.- aggiunse Val.

Nessuno di noi lo disse ma sapevamo bene tutti che era stata opera dell’altra Val, un LMD che si era dimostrata più umana di tanti presunti esseri umani cosiddetti veri.

Laura, dal posto di comando azionò la radio di bordo e recitò:

-Mayday, Mayday! Qui è il Comandante Brown. Mi ricevete Bus n. 1?-

<<Forte e chiaro, Comandante.>> rispose Leopold Fitz <<Dove si trova?>>

-Su un mezzo anfibio dell’Hydra al largo dell’isola. Con me ci sono la Vice Direttrice De La Fontaine, gli agenti Juniper e Fury, oltre agli ex prigionieri dell’Hydra ed un prigioniero nostro.-

<<Vi abbiamo individuato e stiamo venendo a raccogliervi. Resistete.>>

         Ci lasciammo andare ad un sospiro di sollievo collettivo.

 

            Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico, superficie. Quando arrivai sulla spiaggia portando sulle spalle Strucker svenuto la marea era cambiata, per così dire, e da sconfitti eravamo diventati i vincitori.

-Qualcuno vorrebbe dirmi cos’è successo?- chiesi scaricando a terra Strucker.

            Mentre un paio di agenti provvedevano a legarlo come un salame, Coulson rispose:

-L’Hydra ha perso e noi abbiamo vinto.-

-Giulio Cesare sarebbe fiero della tua concisione, Coulson. - replicai sogghignando -Un rapporto un po’ più esaustivo?-

            Fu Daisy Johnson a fornirlo mettendomi rapidamente al corrente di tutto quanto era accaduto mentre ero occupato con Strucker.

<<Sette minuti all’autodistruzione.>> continuava a scandire quella irritante voce elettronica dagli altoparlanti.

-Non perdiamo tempo, evacuiamo l’isola!

I soldati dell’Hydra, ormai totalmente demoralizzati, si erano arresi e si fecero caricare sui Bus senza discutere.

- Non c’è traccia dell’Hydra Imperiale, sembra sparito nel nulla.- annunciò Melinda May.

<<Quattro minuti all’autodistruzione.>>

-Non c’è il tempo di cercarlo.- dissi -Dobbiamo filarcela alla svelta. Rimanderemo la resa dei conti con lui ad un altro giorno.

            Riuscimmo a completare l’evacuazione appena in tempo: avevamo appena raggiunto la distanza di sicurezza che ci fu una tremenda esplosione, la struttura dell’isola collassò ed in breve sprofondò nell’oceano.

-Amen.- commentai.

 

            Pochi minuti più tardi. Durante il volo, in un momento di tregua, mi avvicinai a Leopold Fitz che aveva il volto contento come un bambino, mentre digitava compulsivamente sul suo terminale. Gli diedi una pacca sulla spalla e dissi:

-Ho saputo che cosa sei riuscito a fare con quel cannone a impulsi EMP. Gaffer potrebbe avere un degno erede, un giorno.-

-Grazie, signore, sono onorato di sentirglielo dire. Voglio darle anche un'altra buona notizia: qualcuno che si è firmato con "CVDLF-LMD" ci ha inviato dall'interno della base tutti i dati del loro server! -

            Mi ci vollero due secondi per decifrare l'acronimo. Avevo sviluppato un'insofferenza verso i Life Model Decoy dopo l'Affare Deltite, eppure ora sentivo un magone al petto all'idea di aver perso la versione robot di Valentina, che si era dimostrata così utile ed eroica fino all'ultimo momento. Si può dire che mi ci fossi affezionato?

-So chi è stato, ma... che cosa c'è in quei dati?-

-Tutto, signore! Sto appena iniziando il data mining ma... sembra ci sia la mappa dell'intera rete dell'Hydra, in tutto il mondo! Compreso l'Echidna Group, altre società di comodo...-

-Pare troppo bello per essere vero, da quel che dici sarà possibile smantellarla definitivamente.-

-Sissignore.-

            Sorrisi. Quella che era partita come una missione suicida, una trappola in cui eravamo caduti come pere mature si era rivelato il più grande successo dell'Agenzia - e mio - da tempo immemore.

            Strucker era nostro prigioniero. L'Hydra era praticamente distrutta. I miei amici erano vivi, e lo erano anche i miei figli. Mi faceva strano vederli lì a parlare, in un angolo.

            Avrei avuto molto da dire a entrambi, una volta a casa.

 

 

EPILOGHI

 

            Palazzo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Turtle Bay, Manhattan, New York City, il mattino dopo. Non c'erano state ulteriori comunicazioni dai piani superiori, dopo la visita di Daniel Whitehall. C'era un silenzio sospetto, sì. Nel dubbio, per non destare ulteriori sospetti e portare a termine la sua ultima missione, Amelia Croft si presentò al meeting settimanale del Comitato di Controllo sulle Risorse Speciali di Mantenimento della Pace ma la sala era apparentemente vuota.

            Dall'ombra emersero due figure: un uomo, in divisa dello S.H.I.E.L.D., con un'arma puntata contro di lei e, alle sue spalle, c'era un'altra Lady Croft, una versione più emaciata e provata, eppure era l'articolo originale, per così dire.

-L'Hydra è stata sconfitta e tu sei stata scoperta - le comunicò Mike Fury, saltando ogni convenevole.

La donna alle sue spalle aveva una faccia inorridita e spaventata: trovarsi faccia a faccia con il proprio clone è un'esperienza disturbante per chi è al di fuori del campo, eppure la nobildonna aveva fatto esplicita richiesta di essere presente all'arresto.

-Non provare ad attivare il Protocollo Apocalisse -  continuò Mike. Dai dati raccolti, ormai sapevano che si trattava di una bomba potentissima che avrebbe dovuto ridurre in briciole l'edificio dell'ONU -Gli artificieri l'hanno già disinnescato.-

La vera Amelia Croft avrebbe fatto la fortuna di uno psicoterapeuta negli anni successivi, nel tentativo di scacciare dalla sua mente e dai suoi incubi l'immagine del suo doppio che digrignava i denti, rompeva una capsula di cianuro lì nascosta e si accasciava morta sul pavimento, dopo una serie di convulsioni.

-È finita - la rassicurò il figlio di Nick Fury e fu solo un temporaneo sollievo.

 

            Da qualche parte nelle Alpi Svizzere,. Il posto era uno chalet isolato ma dotato di ogni comfort moderno. Nel salottino un uomo seduto in una comoda poltrona stava seguendo il notiziario che riportava le ultime notizie sulla sconfitta che pareva definitiva dell’Hydra. In tutto il Mondo erano stati eseguiti centinaia di arresti, qualcuno aveva provato a resistere ma era stato ucciso, altri si erano suicidati.

L’uomo aspettò le fine del notiziario, poi spense la TV, si alzò dalla poltrona e si recò nella sua camera da letto, aprì un armadio a muro e scostò un pannello rivelando uno scomparto segreto all’interno dove è riposta un’uniforme verde, l’uniforme dell’Hydra Imperiale.

Per fortuna - pensò l’uomo, sorridendo - l’ubicazione di quel rifugio era nota solo a lui ed al Supremo Hydra e non era riportata nei file dell’Hydra assieme ad altri preziosi segreti,

Poteva stare tranquillo: era assolutamente sicuro che il Barone Strucker non ne avrebbe parlato con nessuno, dopotutto sapeva fin troppo bene che solo lui, il suo primogenito ed erede, avrebbe potuto ricostruire l’Hydra, il cui nome non era stato scelto a caso: come il mostro mitologico da cui prendeva il nome: se una testa veniva tagliata ne sarebbero ricresciute due. L’Hydra sarebbe rinata e lui l’avrebbe guidata.

Werner von Strucker poteva ritenersi soddisfatto.

 

Un famoso ristorante di New York, la stessa sera. Era la cosa più vicina ad una riunione di famiglia che avessi sperimentato da anni e questo mi rendeva più nervoso che affrontare le orde dell’Hydra.

Quando entrai nel locale, vestito e sbarbato di tutto punto il cameriere mi condusse al tavolo dove mi aspettavano già il mio vecchio compagno d’arme Gabe Jones assieme a sua figlia Nia, che era anche la madre di uno dei miei figli e già questo era sufficiente a farmi sentire a disagio.

-Ehi, Nick, erano secoli che non ti vedevo così elegante. Dove hai preso quello smoking?- mi apostrofò allegramente Dum Dum Dugan.

            I medici non erano riusciti a trattenerlo in ospedale e secondo me erano stati ben felici di sbarazzarsene. Avanzava poggiandosi su due stampelle, ma dissimulava in tutto e per tutto il suo disagio, e io lo assecondai non sottolineando la sua temporanea invalidità.

-Tu non ci crederai, Vecchio Tricheco, ma anche io so vestirmi bene.- replicai, poi salutai i presenti e mi sedetti. Fissai Nia e lei ricambiò lo sguardo in silenzio. C’era ancora decisamente imbarazzo tra noi, mi chiesi se sarebbe mai passato.

            Improvvisamente udimmo un mormorio provenire dall’ingresso e quando ci volgemmo a guardare capimmo cosa l’aveva generato: la Contessa Valentina Allegra De La Fontaine aveva fatto il suo ingresso trionfale sfoggiando un abito da sera decisamente mozzafiato. Quel che mi colpì più di tutto furono i suoi due accompagnatori. Alla sua destra un afroamericano muscoloso dalla testa rasata ed una benda nera sull’occhio sinistro, il mento e le labbra ornati da una rada barbetta e baffi, sembrava più a disagio di me nello smoking nero che indossava; alla sua sinistra un giovanotto caucasico dai capelli castani scuri, che invece indossava il suo smoking con giacca bianca come se fosse nato per portarlo. Li conoscevo entrambi: erano i miei figli e non avevo dubbi che Val avesse studiato con cura questo suo rientro sulle scene.

            Venne al tavolo e con voce flautata disse:

-Scusate il ritardo ma sapete come siamo noi donne. Sono stata indecisa fino all’ultimo su quale abito mettermi.-

-E poi hai scelto quello per cui il sarto ha risparmiato di più sulla stoffa.- commentò Nia, sarcastica.

La Contessa scrollò le spalle. Anche lei, come Dum Dum, era abilissima a dissimulare il suo disagio. Ne ho passate tante, ma non so come dev'essere risvegliarsi dopo mesi di coma, in cui tutti hanno avuto a che fare con un tuo doppio, che ha appena sacrificato la sua non-vita per te.

Val aveva l'aria di chi era già aggiornata su tutto, anzi, all'avanguardia. Non mi avrebbe meravigliato sapere che aveva passato le ore precedenti a studiare rapporti e verbali.

-Per mia fortuna, Nicky e Mickey hanno avuto la pazienza di aspettarmi. Sono due cari ragazzi.- aggiunse.

-Nicky?- esclamò Nia.

-Mickey?- esclamai io.

            Val si limitò a sorridere e si sedette poi gli altri due la imitarono.

-E così, ora usi il nome Nick Fury Jr?- chiese Gabe al nipote.

-Non ho ancora deciso per la verità.- ribattè lui. - Marcus Johnson è stato il mio nome per tanto tempo, non so se potrei abituarmi ad usarne un altro, anche se mi dicono che è quello vero.-

-Oh, lo farai, vedrai. È capitato anche a me e in fondo Mikel Alexiev non suonava neanche male.- replicò Mike.

            Ero contento che i miei figli avessero socializzato. Avrei dovuto dir loro che avevano anche una sorella ma non stasera. Stasera era per loro. Per il resto ci sarebbe stato tempo, in fondo, per citare Louis Armstrong, avevamo tutto il tempo del Mondo.

 

Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York. C'era un motivo per cui gli Agenti della task force congiunta - informalmente ancora nota come "team Coulson" - non si erano uniti ai festeggiati.

Ne avrebbero avuto ben donde: avevano partecipato a una battaglia storica contro l'Hydra, e messo dietro le sbarre la loro nemesi Grant Ward - che si era anche rivelato meno diabolico del dovuto... ma tutto era svanito quando avevano ripreso in mano i loro Starkphone e tutti gli agenti dello SHIELD avevano scoperto di aver ricevuto lo stesso messaggio dall'Agente Robert Gonzales.

-Ragazzi, ho ricevuto uno strano messaggio da Gonzales...- annunciò Leopold Fitz -E svariate chiamate di Jemma.-

-Anch'io- fece eco Lance Hunter -Parlo del messaggio, s'intende.-

-Ma che roba è...? Un virus? I nostri sistemi dovrebbero essere a prova di... - commentò Daisy Johnson, ex hacker di Rising Tide.

-Posso vedere?- chiese Phil Coulson, ignorando i protocolli da agente del F.B.S.A.

-Agenti...- s'intromise funereo Jasper Sitwell, con il braccio sinistro ingabbiato da un tutore ortopedico -… nella foga della clamorosa vittoria, non c'è stato modo di rendervi partecipi di una delle maggiori perdite di questa guerra.-

-Perdite?-  intervenne Melinda May.

-Mentre eravamo in missione, il vostro supervisore, l'Agente Robert Gonzales, è caduto sul campo smascherando Daniel Whitehall come una talpa dell'Hydra, attualmente latitante.-.

Daisy Johnson fece fatica a trattenere una scarica che avrebbe distrutto la sedia davanti a sé.
Questa squadra aveva ancora un'ultima missione da compiere, a quanto pareva.

 

         Una cittadina del New Hampshire. Era qui che era nato Junior Juniper, l’uomo da cui ero stato clonato, l’uomo che mi illudevo di essere, e quella era la casa della sua famiglia.

         Tutto era come allora, come nei ricordi che avevo ereditato dal vero Juniper, beh non proprio: alcuni cambiamenti c’erano inevitabilmente stati, in questi decenni, era inevitabile, ma in qualche modo era tutto familiare

Junior non aveva mai avuto figli ma suo fratello sì e quel figli gli avevano dato dei nipoti. Uno di quei nipoti si chiamava Roger ed era un agente dello S.H.I.E.L.D., uno di quelli rimasti feriti nello scontro finale contro l’Hydra, una ferita superficiale grazie al cielo e così lo avevano rispedito a casa per la convalescenza, il vecchio Nick è un sentimentale in fondo.

Mi avvicinai all’ingresso e l’occhio mi cadde sull’ampia finestra che dava sul soggiorno dove Roger e la sua famiglia erano riuniti. Potevo sentire l’eco delle loro chiacchiere, delle loro risate ed improvvisamente mi chiesi cosa ci facessi lì.

Io non ero il vero Junior Juniper, ma solo un clone, una pallida imitazione di un ragazzo morto nel 1942.

Quella non era la mia famiglia, io non avevo famiglia. Lentamente mi girai e tornai indietro lungo il viale.

 Un‘auto accostò al marciapiede e si fermò proprio davanti a me. Alla guida c’era Laura Brown. Mi guardò e disse semplicemente:

-Torniamo a casa, Jon.-

         Le sorrisi e salii a bordo.

 

Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York Poche ore prima. Era stata una giornata particolarmente intensa per gli impiegati dello S.H.I.E.L.D. Pensavano di essersela vista brutta dopo l'attacco dell'Hydra e di poter godere di qualche giorno di riposo, invece la situazione non lo permetteva.

La distruzione della base principale dell'Hydra e le informazioni ottenute avevano dato a tutti, dal primo all'ultimo in grado, gatte da pelare per giorni, per non dire settimane. L'entusiasmo era contagioso, perché sembrava davvero la volta buona che la nemesi dell'Agenzia fosse stata messa in ginocchio, ciò non toglieva che c'era tantissimo lavoro da fare: verbali e rapporti da controllare, perquisizioni, arresti, sequestri da coordinare in tutto il globo terracqueo.

-Si è fatta una certa ora, se non riposiamo non saremo produttivi - li congedò Nick Fury, al di fuori del suo ufficio. Con un cenno della testa salutò in particolare la sua fedele segretaria, Karin Rossberg, che rispose con un sorriso di circostanza.

La donna chiuse tutto, indossò il cappotto, imbracciò la borsa e si diresse verso l'uscita, salutando i colleghi dell'ufficio.

-Sono stanco morto, ma se tornassi a casa con lei troverei la forza per star sveglio tutta la notte, se necessario... - commentò qualcuno, dopo il suo passaggio simile a una sfilata in passerella.

-A chi lo dici. Pare che non la dia a nessuno qui, chissà con chi se la intende.-

-È più riservata di Fury in persona! Se la tira troppo...-

La segretaria aveva i suoi motivi per essere così discreta.

Rientrata a casa, fece solo in tempo a togliersi i tacchi. Senza nemmeno passare dal bagno, aprì un cassetto con una chiave, da cui prese un telefono e fece una chiamata criptata.

-Come va, Werner?-

<<-Sono in una base sicura.>>- rispose all'altro capo della linea Werner von Strucker.

-Sono contenta di saperlo, in questo fosco quadro generale.-

<<Non abbatterti. Siamo in pochi ad essere sopravvissuti all'epurazione generale ed alla fuga di notizie, toccherà a noi far risorgere l'Hydra e ce la faremo come sempre. Fury sospetta qualcosa?>>

-Nossignore. La mia copertura è ancora salda. Se non dovessero estorcere la verità a tuo padre con metodi violenti, nessuno conoscerà il nostro segreto.-

<<Non succederà. Grazie per la tua fedeltà, Agente Romulus. Adesso risponderai a me: attendo un rapporto ogni sera entro mezzanotte. Hail Hydra>> e chiuse la conversazione.

Rincuorata, Cassandra Romulus andò a farsi una doccia.

Aveva una grossa responsabilità davanti a sé.

 

 

FINE?

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

            Pochissimo da dire:

1)    Innanzitutto un ringraziamento speciale ad Andrea Garagiola, autore della trama base e degli episodi da 2 a 8 di questa serie. È sicuro che la nostra conclusione è diversa da quella pensata da lui ma speriamo che la possa approvare. Andrea ha da poco iniziato una carriera come sceneggiatore professionista e gli auguriamo un sincero: in bocca al lupo.

2)    Un sincero grazie anche a Mickey, che mi ha affiancato in questo crossover con le sue idee e la qualità della sua scrittura.

3)    Se l’originale Hydra Imperiale era stata creata da Stan Lee & Jack Kirby su Strange Tales #135 datato agosto 1965, il suo sostituto si rivela essere nientemeno che Werner von Strucker, primogenito di Wolfgang, creato da Bob Harras & Bob Hall su Nick Fury Vol. 3° #1 datato settembre 1989.

4)    Cassandra Romulus è stata creata da D.G. Chichester & Jackson Guice su Nick Fury Vol. 3° #22 datato aprile 1991.

5)    Capitan America non lo sa ma la Madame Hydra che ha affrontato in realtà è Sinthea Schmidt, Sin, la perfida figlia del Teschio Rosso che lei crede morta in realtà l’Hydra, oltre che ad una plastica facciale, l’ha sottoposta ad un trattamento che ha annullato la sua originale personalità sovrascrivendone una nuova ignara del suo passato. Si può così dire che Sin è effettivamente morta ed ora lo è anche la sua nuova incarnazione… giusto?

6)    Il destino di Daniel Whitehall e del televisivo "Team Coulson" sarà, prevedibilmente, trattato sulle pagine di Agents of S.H.I.E.L.D., una sorta di epilogo di questa saga. Il suo smascheramento è un chiaro omaggio all'epica puntata della serie televisiva in cui Skye incide sul muro il messaggio "Ward is Hydra" a beneficio dei colleghi ignari.

Nel prossimo episodio, una storia speciale che omaggerà le atmosfere dei romanzi e film di 007.

 

 

Carlo & Mickey



[1] Ricapitolazione rapida di eventi narrati nell’ultimo episodio e su Capitan America #106 e Agents of S.H.I.E.L.D. #007.

[2] Steve Rogers, il Capitan America originale e leader attuale dei Vendicatori Segreti.

[3] Life Model Decoy, androidi sofisticatissimi pressoché indistinguibili dai veri esseri umani.

[4] Come visto su Agents of S.H.I.E.L.D. #007.

[5] Come visto su Daredevil Vol. 1° #120/123 (prima edizione italiana: L’Uomo Ragno, Corno, #166/169).

[6] Vergogna a voi se non sapete chi sono gli ultimi due. -_^

[7] Il più noto promotore di droghe psichedeliche negli anni Settanta del Novecento.

[8] Federalnaya Sluzhba Bezopasnosti, ovvero: Servizio di Sicurezza Federale.

[9] Non diteci che non avete letto Capitan America #105, ferireste il nostro amor proprio. -_^.